IL SOLE 24 ORE mercoledì 25 marzo 2015
Banche, due giorni di sciopero – La decisione contro possibili tagli all’occupazione e la disapplicazione del contratto
Se c’è un ritornello che scandisce questo rinnovo del contratto dei bancari sembra che sia sciopero. I sindacati lo hanno detto il 31 ottobre del 2013, poi lo hanno ripetuto il 30 gennaio del 2015 e adesso si preparano a dirlo ancora, per ben due volte. Ci risiamo. I bancari si mobilitano di nuovo. Dopo l’interruzione della trattativa con Abi, Fabi, Fiba, Fisac, Uilca, Ugl credito, Dircredito, Unisin, Sinfub, ieri mattina si sono riuniti e hanno deciso due giorni di sciopero e una grande mobilitazione nazionale. Contro interventi sull’occupazione e contro la disapplicazione a partire dal primo di aprile, un caso senza precedenti nel mondo del lavoro. Di fronte a un’eventuale disapplicazione contrattuale dal primo aprile, come ribadito da Abi, le segreterie nazionali intraprenderanno tutte le iniziative, anche legali, a tutela della categoria. Mentre era in corso la riunione sindacale ieri si è riunito anche il Comitato affari sindacali e del lavoro di Abi, guidato da Alessandro Profumo. Diversi gli approcci. Se i sindacati hanno alzato i toni pronunciando la parola sciopero, i banchieri hanno cercato di distenderli, affidandosi a una nota ufficiale diffusa dopo quella dei sindacati. «Il Casl dell’Abi, riunitosi oggi (ieri per chi legge, ndr) a Roma, ha ripercorso lo stato dell’arte della trattativa contrattuale al momento interrotta – scrivono le banche -. Ribadendo la volontà di realizzare un’intesa sostenibile, che significa stretta connessione tra tema occupazione e costi, vengono confermate le proposte di natura normativa e della cosiddetta “anima sociale” del contratto utili a tutelare proprio occupazione e occupabilità. Proposte realizzabili solo in una cornice compatibile sul fronte della minimizzazione delle dinamiche di costo. Pertanto, mantenimento dell’area contrattuale e delle norme sul sistema degli inquadramenti, così come interventi migliorativi su Fondo occupazione, Fondo solidarietà e salario d’ingresso per i giovani». Abi come ha spiegato lunedì Profumo ha fatto passi avanti, ma non può dare garanzie sul piano occupazionale perché è tecnicamente impossibile. Per molte ragioni esterne come la tecnologia o la clientela o i tassi di interesse, ma anche per ragioni societarie come la riforma delle popolari che come già hanno detto i sindacati porterà molti esuberi – una prima stima parlava di 20mila – nel settore. I sindacati invece puntano il dito contro i banchieri perché «la posizione di Abi si configura come un vero e proprio attacco all’istituto della contrattazione collettiva nazionale, la cui disapplicazione costituirebbe il primo caso in Italia e potrebbe determinare un pericoloso precedente per tutto il mondo del lavoro». Per i sindacati le priorità sono un patto di sistema per la tutela occupazionale e il lavoro per i giovani, l’intangibilità dell’area contrattuale, il recupero dell’inflazione, il modello di banca, nuovi mestieri e nuove professionalità e le tutele sulle ricadute conseguenti alla nuova normativa sul lavoro. Le controproposte di Abi, secondo quanto riferiscono i sindacati sono state la rinuncia a modificare l’area contrattuale, ritirando l’ultima proposta sui contratti complementari, la nuova normativa sul lavoro con la disponibilità a formalizzare la volontà di utilizzo non distorto della norma, il salario di inserimento con riduzione del gap attuale dal -18% al -10%, la disponibilità per uno strumento che favorisca la ricollocazione dei lavoratori nel fondo emergenziale, la disponibilità di un ulteriore approfondimento sugli inquadramenti e infine la proposta di aumento di 80 euro, che assorbe però l’aumento determinato degli scatti di anzianità ed è comprensivo dell’allungamento della valenza del contratto di sei mesi (nuova scadenza 31 dicembre 2017). La base di calcolo del Tfr inoltre verrebbe determinata su stipendio, scatti ed ex ristrutturazione tabellare. Tutte queste misure, che per Abi andrebbero a compensare la tenuta dell’area contrattuale, per i sindacati sono superiori all’aumento proposto di 80 euro, configurando il paradosso che per Abi i bancari dovrebbero finanziarsi il rinnovo del contratto. Per questo le segreterie nazionali hanno messo in moto la complessa macchina dello sciopero che però potrebbe essere fermata da un’eventuale nuova convocazione a breve dei sindacati da parte di Abi. Gli incontri previsti per il 30 e 31 marzo non sono ancora stati confermati. © RIPRODUZIONE RISERVATA Cristina Casadei
MF-MILANO FINANZA mercoledì 25 marzo 2015
Sul contratto dei bancari è ora che prevalga il realismo di tutti
di Angelo De Mattia La vicenda del rinnovo del contratto di lavoro dei 300 mila bancari ha preso una piega che non si prevedeva. Trattative interrotte, decisione, da parte dei sindacati dei lavoratori, di due giornate di sciopero da precisare insieme con il blocco dello straordinario, coinvolgimento dei gruppi e delle singole banche nelle iniziative di lotta, indizione di una manifestazione a Milano, preannuncio di iniziative sul piano legale qualora, come previsto, l’Abi confermerà, a decorrere dal 1° aprile, la disapplicazione del contatto vigente. Si tratta di una risposta assai forte che fa seguito a un momento del negoziato in cui era sembrato vicino l’accordo, mentre subito dopo sopravveniva un duro contrasto fra le parti sugli impegni che la delegazione datoriale rilutta ad assumere in materia di tutela dell’occupazione con riferimento ai componenti l’intera categoria e in tema di occupazione giovanile. Una programmazione di scioperi e di altre iniziative siffatta risponde a una precisa volontà dei sindacati e dunque, non avrebbe lo scopo di costringere subito la controparte a rivedere le proprie posizioni, prima ancora, cioè, di dare corso a tale programma. Tuttavia quest’ultimo esito non dovrebbe essere escluso; anzi, ben rientrerebbe nel quadro delle azioni che l’Abi dovrebbe compiere per evitare l’inasprirsi della vertenza, tenendo presente il successo che il precedente sciopero ha conseguito. Tra la tassativa assunzione di impegni anche numerici, all’unità, nelle materie anzidette e la dichiarazione di un non platonico indirizzo, con momenti di verifica nel triennio, esisterebbe uno spazio per discutere ancora, partendo dal presupposto che una tale vertenza non può rimanere in piedi indefinitamente. Se per il sindacato è importante conseguire acquisizioni con il realismo che caratterizza questa funzione, per le banche è imperativo adoperarsi, in presenza dei diversi fronti aperti con i quali esse debbono fare i conti, per chiudere questa vicenda tutelando gli obiettivi di efficienza e di capacità di innovare. Se, poi, tra i banchieri persistono posizioni vogliose di cogliere questo momento di non ancora superate difficoltà economiche per guadagnare posizioni nel confronto con la controparte, allora bisognerà esprimere nei loro confronti un giudizio pesantemente negativo e inferirne una valutazione altrettanto negativa sul modo in cui essi esercitano il compito, che in questo caso non potrebbe dirsi l’arte, di banchieri. Vogliamo, tuttavia, pensare che, se questa componente c’è, essa rappresenti una nettamente esigua minoranza. Gli interessi del settore e generali, insieme con la condizione attuale dei lavoratori del comparto, esigerebbero che, prima del 31 marzo, vi sia una svolta nel negoziato per ora interrotto. La tentazione per entrambe le parti sarebbe di sintonizzarsi sin d’ora con la fase successiva allo svolgimento delle azioni di lotta. Ma quest’ultimo passaggio non sarà di certo indolore. E concedere dopo ciò che, con lungimiranza e acribia, potrebbe essere dato ora sarebbe una sconfitta per l’Abi; così come, per i sindacati, sarebbe un rapporto costi – benefici non esemplare mediare dopo le azioni di lotta, su materie sulle quali oggi si potrebbe convergere con pragmatismo e con opportune soluzioni giuridico-negoziali e un po’ di fantasia progettuale. Ma quest’ultimo aspetto evidentemente trova una ostruzione nelle ricordate posizioni, evidentemente circoscritte, di alcuni banchieri a cui pesa verosimilmente mettersi in gioco nell’innovare nelle strategie, nell’organizzazione del lavoro, nell’applicazione delle nuove tecnologie, nel contenimento dei costi, senza incidere però su aspetti fondamentali del rapporto di lavoro. Da questo punto di vista una dichiarazione del presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, sempre attento ai profili istituzionali, sociali e strategici, sarebbe assai importante. (riproduzione riservata) |
|
|